sabato 26 maggio 2012

LA NOVE COLLI FINO AL BARBOTTO 19/05/2012

di Michele RIZZITELLI

Dicono che quel porto canale l’abbia disegnato Leonardo da Vinci. Di certo è l’elemento più caratteristico di Cesenatico con le case su di esso affacciate, mentre tutt’intorno le strutture ricettive di massa hanno portato benessere ma tolto l’anima. Per la 15^ volta, sulla sua riva sinistra si consuma il sacro rito. Patron Mario Castagnoli chiama uno ad uno i concorrenti e, soddisfatto e commosso, esclama: “Siete 107 partenti”. Il prete, nell’impartire la benedizione, annuncia: “Io sono la via, la verità e la vita” e continua: “Correte per le strade di Cristo”. Il sindaco: “Andate per le belle vie della Romagna. La loro bellezza vi renda lieve la fatica”. C’è già un primo miracolo: il potere spirituale e quello temporale stanno sulla stessa lunghezza d’onda. In prima fila si dispongono gli scariolanti, che si ammalavano di malaria nell’agro pontino per un tozzo di pane; in seconda fila gli ultramaratoneti, che faticheranno per diletto. Tutti scandiscono gli ultimi secondi, gettano un grido, che fende l’aria e arriva fino a Cervia,  e partono.
Hanno il mare alle spalle e lo sguardo fiero verso i rilievi dell’entroterra. I primi 20 km sono piatti  e rettilinei; fa caldo; il traffico automobilistico è intenso. L’ordine è di stare compatti.
La vera Nove Colli comincia a Settecrociari, dove vien dato l’ordine di rompere le righe e darsi da fare, perché allo scoccare della 30^ ora bisogna essere ai piedi del grattacielo.
Mi fermerò al Barbotto. Alle mie gambe non posso chiedere di più, mai andate oltre i 50 km negli ultimi due anni. Gli 84 km, con quattro colli su cui buttare l’anima, non è roba di poco conto, ma a me sembra una corsetta. E’ il confronto con quelli della 202 km che me la fa apparire non impegnativa.
Me la prendo con calma per godermi il paesaggio. Qui c’è la vera anima della Romagna, il genius loci, non sulla costa massificata. Pensate che corra per soffrire e sudare? Nemmeno per sogno! Ho fatto cinque volte questo percorso e mi illudo di conoscerlo a menadito. Non vedo l’ora di raggiungere Polenta ed i suoi 305 m del suo colle. Lì la strada si restringe, diventa più raccolta e due file di cipressi ti conducono direttamente nella pieve. Mi sembra d’aver sentito dire che, in quella chiesetta, si sia raccolto in preghiera Dante Alighieri. Mentre penso alla chiesetta del Poeta, un’altra, che non avevo mai vista, scorgo in una curva. Scopro tante altre novità. Pensavo di conoscere molto, invece mi accorgo di conoscere  poco. Fa caldo, ma il correre m’è dolce in questo mar.
Pievi e castelli sorgono ovunque ci sia un colle. Ah! I castelli! E mi sono ricordato della mia Spartathlon. Chiesi ad un francese, che le aveva portato a termine entrambe, quale fosse la più dura. Non mi seppe dare una risposta netta. Poi gli chiesi quale fosse il percorso più bello. Non ebbe dubbi. E, sospirando, aggiunse: “Quei castelli!”.
Affronto il secondo colle fra albicocchi, ciliegi, vigneti e fiori di ogni tipo che avevo sempre visto. Ma un fiore dal caratteristico color giallo attira la mia attenzione. E’ la ginestra, che sapevo preferire climi più caldi di quelli collinari. Una pioggerellina mi rinfresca sui primi, duri tornanti. Ma un effetto più corroborante lo fanno le grosse fragole che il Patron mi offre lungo la via. Verso la sommità, il colle diventa pedalabile, raggiungo Pieve di Rivoschio  e mi butto nella discesa.
Il sole sta tramontando quando mi si presenta davanti il Ciola. Gli 8 km me li faccio al passo in compagnia delle lucciole. Arrivo stanco a quota 531 m, e non riesco a sfruttare la discesa. Sorseggio del chinotto e, come d’incanto, le gambe diventano reattive. Nella discesa lunga 10 km, volo. Vedo laggiù le case di Mercato Saraceno, punto dritto, e non mi fermo se non quando arrivo nella piazzetta.
Ho fatto il mio dovere di correre in discesa, merito di scalare il Barbotto al passo. Sui tornanti c’è buio, ed è una fortuna perché mi permette di vedere il cielo stellato, che mi sembra così vicino da toccarlo con mano. Una campana segnala il mio arrivo al traguardo “La Montagna”. Sto bene. Non sono mai arrivato così fresco su questo colle. Potrei continuare, ma avevo promesso alle gambe di non andare oltre, e mai mi fu così facile mantenere una promessa. Più stanca di me è certamente l’addetta al rilascio del diploma, sul quale scrive “d’aver percorso la distanza di 84,40 km nel tempo di 22,38”, che in realtà è l’orario del mio arrivo. Salgo in macchina, imbocco facilmente la E45 ed in un baleno raggiungo Cesenatico.
L’indomani, sul traguardo assisto all’arrivo solitario di Marco Bonfiglio. E’ ipoteso e disidratato, e si distende a terra. “Non ho bevuto negli ultimi 40 km, non sto molto bene” ammette: “Ma ne è valsa la pena!”.